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Global warming: di cosa si tratta?
Il global warming è il fenomeno che in italiano definiamo riscaldamento globale, ovvero l'aumento della temperatura media della superficie terrestre rispetto al secolo scorso, come conseguenza dell’emissione nell’atmosfera di quantità sempre crescenti di gas serra.
Finora, si stima che in Europa abbiamo raggiunto un livello tra 0,94 e 1,03° C di aumento della temperatura complessiva*. Le conseguenze di tutto ciò hanno un impatto sull’ambiente, sulle specie animali e vegetali, e perfino sulla vita degli esseri umani.
Per fronteggiare questo fenomeno, l’Unione Europea ha messo in atto, già dal 2000, una serie di strategie per mantenere l'aumento delle temperature al di sotto dei 2° C. Nel caso in cui si raggiungesse questa cifra, è stato calcolato che già nel 2050 ben metà della popolazione mondiale si troverebbe a fronteggiare un’emergenza climatica**.
D’altronde, gli effetti del cambiamento climatico sono già evidenti oggi, ma ci sono ancora moltissime azioni da intraprendere per ridurre le emissioni di gas serra e di conseguenza contenere il global warming.
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Gas serra, quali sono?
Quando parliamo di global warming, parliamo di emissioni di gas serra e della loro riduzione per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Ma cosa vuol dire esattamente?
Anche se spesso viene nominata solo l’anidride carbonica, tutti i gas serra (GHG, Greenhouse Gases) intrappolano il calore e riscaldano la superficie del pianeta, contribuendo all’aumento complessivo delle temperature.
Il primo accordo internazionale che contiene gli impegni dei Paesi industrializzati a ridurre le emissioni di gas serra, è stato adottato a Kyoto l’11 dicembre 1997 ed è entrato in vigore il 16 febbraio 2005. I gas a effetto serra definiti dal Protocollo di Kyoto sono:
- Biossido di carbonio (CO₂)
- Metano (CH₄)
- Idrofluorocarburi (HFC)
- Protossido di azoto (N₂O)
- Trifluoruro di azoto (NF)
- Perfluorocarburi (PCF)
- Esafluoruro di zolfo (SF6)
Il potenziale di riscaldamento globale (GWP, global warming potential) esprime il contributo all’effetto serra di un gas serra relativamente all'effetto della CO₂, il cui potenziale di riferimento è pari a 1. Ad esempio, emettere 1 kg di gas metano equivale ad emettere 28 kg di CO₂.
Tutti i gas a effetto serra, con i propri GWP, assieme alla CO₂ rilasciata (che presenta GWP 1 per definizione), formano l’emissione complessiva di CO₂ equivalente (CO₂ eq). Insomma, si usa la CO₂ equivalente per semplificare i conti e per calcolare le emissioni di gas serra complessive di un’attività, un’industria o un settore produttivo.
Questa equivalenza permette alle aziende di calcolare il proprio impatto sull’ambiente e a imprenditori, enti istituzionali e singoli cittadini di rimediare all’aumento delle emissioni. Tutte le attività producono CO₂ e altri gas serra, quindi il contributo di ciascuno è importante. Questo vuol dire che, se anche le piccole imprese prendono coscienza del global warming, possono mettere in atto delle strategie per contrastarlo.
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Quali sono i settori che producono maggiori emissioni di CO₂
Ridurre gli effetti del global warming significa agire alla fonte, prendendo coscienza di quali attività emettono maggiormente CO₂, riducendole di conseguenza, e intraprendendo iniziative di compensazione, attraverso progetti certificati di offsetting. Un primo passo nella giusta direzione è calcolare la carbon footprint dell’azienda. È bene considerare che ogni attività produce necessariamente una certa quantità di CO₂, ma alcune hanno un impatto maggiore, ed è importante individuarle per saperle contenere.
Secondo una stima del Parlamento Europeo risalente ai dati del 2019, il settore con il maggior numero di emissioni di gas serra nell’Unione Europea è quello energetico. Quindi, ogni volta che accendi la luce, lo smartphone o il PC stai emettendo CO₂!
A seguire troviamo:
- il settore agricolo;
- la produzione industriale;
- il trattamento dei rifiuti.
Ecco, forse potrebbe creare un po’ di confusione davanti il dato sull’agricoltura. Eppure le coltivazioni e l’allevamento producono molte più emissioni di gas serra di quanto si possa pensare: le mucche (e in particolare le loro flatulenze) sono infatti responsabili del 40% delle emissioni di metano nel mondo***.
Un dato che ha portato diversi governi a istituire iniziative per contenere questo tipo di emissioni: in Nuova Zelanda, per esempio, è stata proposta la tassazione per gli allevatori che non controllano le emissioni di gas dei bovini; tassazione che si riflette sul consumo di carne rossa, responsabile di una quota significativa delle emissioni globali.
*Fonte
**Fonte
***Fonte