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Cos’è la direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive)?
La CSRD è la direttiva sul reporting di sostenibilità che sostituisce la precedente NFRD (Non Financial Reporting Directive). Il suo scopo è quello di allargare il numero di imprese sottoposte all’obbligo di rendicontazione e definire requisiti più stringenti sulle informazioni da rendicontare.
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Quali aziende sono soggette alla CSRD e da quando?
Con la CSRD, il numero di aziende interessate dall’obbligo di rendicontazione arriva quasi a 50.000 (contro le 11.000 precedentemente soggette alla NFRD). Vediamo di seguito come cambia questo perimetro.
- Dal 1° gennaio 2024 saranno soggette alla direttiva le imprese quotate che hanno almeno 500 dipendenti e almeno una tra le seguenti caratteristiche (ovvero le stesse imprese già soggette alla NFRD):
- attivo patrimoniale superiore a 20 mln €;
- ricavi netti superiori a 40 mln €.
- Dal 1° gennaio 2025 l’obbligo di rendicontazione si espanderà anche alle grandi imprese non quotate che rispettano almeno due dei criteri seguenti:
- attivo patrimoniale superiore a 25 mln €;
- ricavi netti superiori a 50 mln €.
- numero medio di dipendenti maggiore o uguale a 250.
- Dal 1° gennaio 2026 saranno soggette anche le PMI quotate che possiedono almeno due dei criteri seguenti:
- attivo patrimoniale superiore a 450.000 €;
- ricavi netti superiori a 900.000€;
- numero medio di dipendenti maggiore o uguale a 10.
- Dal 1° gennaio 2028 saranno soggette anche le imprese figlie e succursali con capogruppo extra-UE, che hanno generato in UE ricavi netti superiori a 150 mln € per ciascuno degli ultimi due esercizi consecutivi, e che hanno almeno una di queste caratteristiche:
- un’impresa controllata soddisfa i requisiti dimensionali CSRD;
- una succursale ha generato ricavi netti superiori a 40 mln € nell'esercizio precedente.
Qualche precisazione sull’anno di rendicontazione
È opportuno precisare che il bilancio deve riferirsi all'ultimo anno fiscale per cui si hanno i dati a consuntivo. Ad esempio, un’azienda che ha l’obbligo di rendicontazione a partire dal 2024, nel 2025 dovrà redigere il bilancio riferendosi ai dati e alle attività del 2024.
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Quali sono le sanzioni per le aziende che non rispettano la direttiva CSRD
A partire dal 25 settembre 2024 entrerà in vigore il decreto legislativo che recepisce la CSRD in Italia. Vediamo quali sono le sanzioni previste per chi non rispetta la normativa, e a quanto ammontano.
In generale Consob e MEF prevedono sanzioni per:
- le aziende che non rispettano l'obbligo di rendicontazione;
- le aziende che omettono informazioni relative alla catena del valore;
- le aziende che non adottano delle procedure adeguate per la redazione del bilancio.
A quanto possono ammontare le multe?
- le aziende possono essere multate fino a €2.500.000;
- in aggiunta, possono essere multati fino a €150.000 i singoli soggetti all'interno della stessa azienda, che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo (possibile anche per i dipendenti se hanno contribuito a determinare la violazione dell'obbligo).
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Quali novità introduce la direttiva CSRD?
Oltre all'estensione dell’ambito di applicazione, che vede coinvolte molte più aziende rispetto alla precedente NFRD (50.000 contro 11.000 circa), con la nuova direttiva cambiano le modalità di realizzazione dei bilanci di sostenibilità.
Le principali novità introdotte dalla direttiva CSRD sono 5:
- analisi di doppia materialità;
- collocazione del documento nella Relazione di Gestione;
- obbligo di assurance esteso al perimetro europeo;
- formato del documento, che dovrà essere redatto in un formato elettronico unico (XHTML), da rendere pubblico e accessibile agli stakeholder;
- integrazione della catena del valore all’interno della rendicontazione.
Inoltre, gli standard di rendicontazione a cui far riferimento sono i nuovi European Sustainability Reporting Standards (ESRS): tramite questi standard, l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) introduce i criteri di analisi e di comunicazione dei dati ESG.
In questo modo, le aziende devono assicurare coerenza e comparabilità con le altre realtà: la CSRD pone infatti un vincolo sulla scelta del framework per la stesura dei bilanci di sostenibilità, imponendo a tutte le aziende di adeguarsi alle nuove linee guida europee.
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Che cosa prevede l’analisi di doppia materialità?
L’analisi di materialità è un’analisi fondamentale presente in tutti i bilanci di sostenibilità, che ha lo scopo di individuare quali sono i temi “materiali” (quindi rilevanti) per descrivere l’impatto di un’azienda sul pianeta e sulla società.
La direttiva CSRD richiede che la rendicontazione sulla sostenibilità sia basata su una “doppia materialità": come affermato proprio dall’EFRAG, una questione di sostenibilità può essere materiale sia da una prospettiva di impatto, che da una prospettiva finanziaria (o da entrambe).
La doppia materialità comprende quindi entrambe le materialità:
- la materialità dell'impatto, che riguarda le informazioni materiali sugli impatti dell'impresa su persone o ambiente relativi a una questione di sostenibilità;
- la materialità finanziaria, che riguarda le informazioni materiali sui rischi e le opportunità relativi a una questione di sostenibilità che potrebbe avere un’influenza materiale sullo sviluppo dell'impresa, sulla posizione finanziaria, sulla performance finanziaria, sui flussi di cassa, sull'accesso ai finanziamenti o sui costi del capitale nel breve, medio o lungo termine.
In pratica, le aziende dovranno effettuare valutazioni di rilevanza per entrambe le dimensioni: saranno obbligate a fornire sia informazioni attinenti al modo in cui le questioni di sostenibilità influiscono sui loro risultati, sulla loro situazione e sul loro andamento (prospettiva outside-in), sia informazioni inerenti al loro impatto sulle persone e sull'ambiente (prospettiva inside-out).
Questa analisi deve essere effettuata secondo le linee guida EFRAG che garantiscono omogeneità nelle modalità di elaborazione.
Analisi di doppia materialità: un esempio pratico
Per chiarire il concetto, prendiamo in considerazione un’azienda produttrice di tute da sci.
Nella materialità di impatto potrebbe rientrare, per esempio, la decisione dell’azienda di approvvigionarsi solo da fornitori geograficamente vicini, in quanto ridurrebbe significativamente le emissioni relative al trasporto dei materiali, e quindi l’impatto sull’ambiente (inside-out).
Dal punto di vista della materialità finanziaria, invece, il riscaldamento climatico può avere un impatto negativo sulle vendite, dal momento che limita la stagione sciistica e quindi la richiesta di tute da sci (outside-in).
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Come redigere un bilancio di sostenibilità in linea con la direttiva CSRD
Stando al modello su cui si impostano gli ESRS, la rendicontazione si svilupperà secondo 12 aree tematiche, suddivise in 4 macro-temi:
Nell’immagine qui sopra, “requisiti generali” si riferisce ai requisiti da rispettare in fase di rendicontazione, mentre “informazioni generali” specifica le informazioni da includere, a prescindere dai temi materiali considerati.
A questi si aggiungono gli standard tematici, che richiedono all’azienda di rendicontare a seconda degli esiti dei propri processi di analisi di doppia materialità: le aziende potranno prioritizzare le informative da rendicontare sulla base dei propri temi materiali. È comunque prevista una solida verifica sui temi esclusi dalla rendicontazione.
Il discorso è diverso sul tema cambiamento climatico: se ad esempio un’azienda stabilisce che il cambiamento climatico non è un tema materiale per la sua realtà, è obbligata a supportare questa decisione con una motivazione dettagliata.
Con la nuova direttiva vengono quindi richiesti dettagli su una vasta gamma di informazioni. Inoltre, contando l’estensione del perimetro di rendicontazione alla catena del valore, redigere il bilancio di sostenibilità potrebbe richiedere uno sforzo veramente elevato, sia in termini di tempo, che di risorse.