ESG: significato, origine e opportunità per le aziende

In questo articolo
Cosa si intende per ESG?
Le tre dimensioni dell’ESG
Come sono nati i criteri ESG?
Quali sono le nuove normative ESG e come influenzano le aziende
Come si muovono le aziende per rispondere alle nuove normative sulla sostenibilità?
Come vengono valutate le performance ESG delle aziende
Inizia il tuo percorso ESG con Up2You e trasforma la sostenibilità in un vantaggio strategico
Criteri ESG: significato, origine e opportunità per le aziende
Scritto da
Andrea Fumero
Aggiornato al
14.2.2025

Negli ultimi anni, gli obiettivi ESG sono diventati un punto di riferimento imprescindibile per le aziende che vogliono crescere in modo responsabile.

Ma cosa prevedono effettivamente le tre dimensioni ESG? Come si è arrivati alla loro concezione attuale? E, soprattutto, in che modo le imprese possono adottare questi criteri per rispondere alle sfide normative e di mercato?

In questo articolo approfondiamo questi aspetti, offrendo una panoramica chiara e pratica su cosa significa ESG e il ruolo che questi criteri stanno rivestono nel panorama aziendale.

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Cosa si intende per ESG?


L’acronimo ESG sta per Environmental, Social e Governance, ovvero Ambientale, Sociale e di Governance, che rappresentano i tre indicatori fondamentali utilizzati per valutare la sostenibilità nella sua interezza (di solito relativamente ad aziende e investimenti).

Spesso, infatti, quando si parla di sostenibilità, l’attenzione si concentra solo sulla componente ambientale, ma, in realtà, il concetto è molto più ampio. Ecco perché è fondamentale analizzare nel dettaglio tutte e 3 le dimensioni ESG e capire come impattano su un business.

Un’azienda, ad esempio, non può dirsi realmente sostenibile se pecca in una di queste 3 aree, per quanto performante nelle altre 2.

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Le tre dimensioni dell’ESG

E come Environmental

La “E” di ESG riguarda il rapporto di un’azienda con l’ambiente e il modo in cui gestisce il proprio impatto su di esso. Questo include non solo la riduzione delle emissioni di CO₂ eq, ma anche la gestione sostenibile di risorse come acqua, suolo e la tutela della biodiversità.

Le aziende che adottano un approccio responsabile investono in strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici, riduzione dell’inquinamento e gestione sostenibile delle filiere produttive.

Tra gli aspetti chiave della componente Environmental troviamo quindi:

  • la riduzione delle emissioni di gas serra e l’efficienza energetica;
  • la tutela della biodiversità e delle risorse naturali;
  • l’adozione di pratiche sostenibili nella supply chain;
  • la gestione responsabile dei rifiuti e delle materie prime.

S come Social

La “S” di ESG si concentra sull’impatto sociale di un’azienda: dalle condizioni di lavoro, alla parità di genere, fino alle iniziative di inclusione e ai rapporti con la comunità. Un’azienda con un forte punteggio ESG in questa categoria si distingue per il rispetto dei diritti umani, la valorizzazione delle persone e il contrasto a ogni forma di discriminazione. In questo caso si può dire che l’azienda sia performante dal punto di vista della sostenibilità sociale.

Tra i principali temi della dimensione Social troviamo quindi:

  • il rispetto dei diritti dei lavoratori e delle condizioni di lavoro;
  • l’inclusione e la diversità nelle politiche aziendali;
  • l’attenzione alla sicurezza sul lavoro e al benessere dei dipendenti;
  • il contrasto al lavoro minorile e alle violazioni nelle catene di fornitura;
  • il contributo al benessere della comunità attraverso iniziative sociali.

G come Governance

La “G” di ESG riguarda il modo in cui un’azienda viene gestita e amministrata. Delle buone performance in questa area indicano che l’azienda opera in modo etico, trasparente e responsabile, garantendo meritocrazia, equità e rispetto delle normative.

Tra i principali aspetti della dimensione Governance troviamo:

  • la trasparenza nelle strategie aziendali e nei processi decisionali;
  • il contrasto a corruzione, frodi e pratiche scorrette;
  • la meritocrazia e il rispetto dei diritti degli azionisti;
  • la presenza di modelli organizzativi chiari e strutturati per garantire la conformità alle normative ESG.

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Come sono nati i criteri ESG?

Dal Club di Roma alla definizione di sviluppo sostenibile


Il percorso che ha portato alla nascita dei criteri ESG inizia tra gli anni ’60 e ’70, quando un gruppo di scienziati, economisti e imprenditori si riunisce dando vita al Club di Roma. La missione di questa organizzazione è analizzare le grandi sfide globali, prevederne l’evoluzione e proporre soluzioni alternative per affrontarle.

Nel 1972, il Club di Roma pubblica il rapporto “I limiti dello sviluppo”, uno studio che per la prima volta mette nero su bianco, con basi scientifiche, le criticità legate alla crescita demografica, al consumo di risorse naturali e all’impatto del modello industriale. Il messaggio alla base evidenzia come una crescita infinita non sia possibile su un pianeta con risorse finite.

Sempre nel 1972 si tiene la prima conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente, da cui nasce la Dichiarazione di Stoccolma. Per la prima volta, viene sancito un principio fondamentale: ogni essere umano ha diritto a condizioni di vita dignitose in un ambiente sano e sostenibile.

Bisognerà attendere il decennio successivo per un ulteriore passo avanti tramite la pubblicazione del Rapporto Brundtland che introduce la definizione di sviluppo sostenibile la quale ancora oggi rappresenta un punto di riferimento. Il rapporto sancisce che “Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.

Con questo passaggio, il concetto di sostenibilità diventa sempre più concreto, avvicinandosi ai principi ESG come li conosciamo oggi. Tuttavia, in quegli anni l’attenzione era ancora principalmente concentrata sulla E di Environment, lasciando in secondo piano gli aspetti sociali e di governance che sarebbero emersi con maggiore forza nei decenni successivi.

L’Agenda 2030 e gli SDGs


L’evoluzione verso i criteri ESG nell’ultimo decennio passa attraverso due momenti chiave: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e gli Accordi di Parigi, che hanno definito obiettivi chiari per guidare Stati, imprese e organizzazioni verso un modello di sviluppo più sostenibile.

Nel 2015, l’ONU adotta i 17 Sustainable Development Goals (SDGs), un programma d’azione globale che affronta sfide ambientali, economiche e sociali, dalla lotta alla povertà alla transizione energetica. Gli SDGs racchiudono i principi che oggi ritroviamo nei fattori ESG, fornendo una base concreta per misurare l’impatto delle aziende.

Sempre nel 2015, gli Accordi di Parigi segnano la prima intesa vincolante sul clima, impegnando i Paesi a contenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2°C, puntando a 1,5°C. Questo obiettivo ha accelerato l’integrazione della sostenibilità nelle strategie aziendali, rendendo la valutazione ESG uno strumento essenziale per misurare l’impegno delle imprese su questi temi.

L’Agenda 2030 e gli Accordi di Parigi hanno quindi tracciato la strada per gli ESG come li conosciamo oggi, trasformandoli da un concetto teorico a un criterio concreto per guidare le scelte economiche e finanziarie.

Obiettivi accordo di Parigi

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Quali sono le nuove normative ESG e come influenzano le aziende


Negli ultimi anni, l’attenzione normativa sugli ESG è cresciuta esponenzialmente, spingendo sempre più aziende a integrare questi criteri nelle proprie strategie.

Direttive come la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), la CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive) e il regolamento SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation) stanno ridefinendo le regole della rendicontazione aziendale e della gestione della sostenibilità.

La CSRD impone a un numero sempre maggiore di aziende di pubblicare report dettagliati sulle proprie performance ESG.

La CSDDD, invece, mira a responsabilizzare le aziende lungo tutta la loro catena del valore, imponendo una due diligence obbligatoria sui diritti umani e l’ambiente per prevenire impatti negativi nelle supply chain globali.

Infine, la SFDR regolamenta la trasparenza nel settore finanziario, garantendo che gli investimenti dichiarati sostenibili rispettino indicatori ESG rigorosi.

Tuttavia, l’adattamento a queste normative rappresenta una sfida per molte aziende, che si trovano a navigare in un contesto normativo complesso e in continua evoluzione. La necessità di raccogliere, validare e comunicare dati ESG in modo strutturato richiede un cambiamento culturale e operativo.

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Come si muovono le aziende per rispondere alle nuove normative sulla sostenibilità?


Per affrontare le sfide della sostenibilità e rispettare le normative sempre più stringenti, le aziende devono adottare un approccio strutturato alla gestione dei criteri ESG. Questo significa integrare la sostenibilità nella propria strategia aziendale, misurare e rendicontare i progressi e affidarsi a figure specializzate per guidare il processo.

Il primo passo è definire una strategia ESG chiara e coerente con il modello di business. Questo significa individuare le aree di intervento prioritarie, fissare obiettivi misurabili e implementare azioni concrete per migliorare le performance ambientali, sociali e di governance nell’ottica di instaurare un percorso ESG che crei valore a lungo termine, rafforzando la resilienza aziendale e aumentando l’attrattività verso investitori, partner e talenti.

La rendicontazione gioca un ruolo centrale in questo percorso. La pubblicazione del bilancio di sostenibilità è diventata un requisito fondamentale, in particolare per le aziende soggette alla CSRD.

A supporto di queste attività, sempre più aziende stanno introducendo la figura dell'ESG Manager, un professionista responsabile della raccolta dati, della gestione degli obblighi di rendicontazione e dell'integrazione della sostenibilità nella strategia aziendale. Questo ruolo è cruciale per assicurare che l'approccio ESG sia efficace e in linea con le aspettative normative e di mercato.

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Come vengono valutate le performance ESG delle aziende


Per misurare e migliorare la propria sostenibilità, le aziende devono adottare strumenti di valutazione ESG che permettono di analizzare il loro impatto ambientale, sociale e di governance. Questi strumenti sono essenziali non solo per garantire conformità alle normative, ma anche per migliorare la trasparenza verso investitori, clienti e stakeholder.

Le metodologie di valutazione ESG si suddividono in tre principali categorie. Vediamo quali sono.

  • Standard ESG: definiscono linee guida precise per la rendicontazione, indicando quali dati raccogliere e come strutturare il bilancio di sostenibilità. Tra i principali standard troviamo il GRI (Global Reporting Initiative) e il SASB (Sustainability Accounting Standards Board).

  • Framework ESG: guidano le aziende nell’integrazione dei principi ESG all’interno delle strategie aziendali. Un esempio è il TCFD (Task Force on Climate-Related Financial Disclosures), che fornisce raccomandazioni per la comunicazione dei rischi finanziari legati al cambiamento climatico.

  • Rating ESG: valutano il livello di sostenibilità di un’azienda sulla base delle informazioni disponibili e sono assegnati da agenzie indipendenti. Tra le principali realtà che assegnano rating ESG troviamo EcoVadis, CDP (Carbon Disclosure Project) e Sustainalytics.

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