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Cosa si intende per supply chain sostenibile?
La sustainable supply chain deriva dall’integrazione dei concetti di supply chain e di sustainability management. In pratica, si tratta di integrare i principi di responsabilità e di sostenibilità ambientale all’interno dell'intera catena di approvvigionamento. Per le grandi imprese, questo vuol dire assicurarsi che tutti i propri fornitori e collaboratori abbiano intrapreso un percorso di sostenibilità ambientale.
Secondo i parametri ESG, infatti, la scelta dei propri fornitori si riflette sul bilancio di sostenibilità dell’intera catena produttiva. Le grandi aziende che desiderano iniziare il percorso verso Net Zero necessitano, quindi, di una rete virtuosa di piccole e medie imprese impegnate nello stesso percorso.
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Perché puntare a una green supply chain: 5 motivi
Le grandi aziende sono sempre più orientate verso una supply chain sostenibile a tutti i livelli. Quali sono le motivazioni?
- Le emissioni della catena del valore rappresentano una grossa fetta delle emissioni di Scope 3 di un’azienda, e conoscerle permette di ottenere un dato accurato e dettagliato della propria carbon footprint.
- Conoscere la carbon footprint di fornitori e clienti permette di definire una strategia di decarbonizzazione completa e di migliorare le performance di sostenibilità a 360°.
- Un’analisi completa delle emissioni di Scope 1, 2 e 3 permette di ottenere punteggi più alti nei rating ESG.
- Diverse normative come la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) prevedono l’obbligo di rendicontazione per determinate tipologie di aziende.
- Per un’azienda impegnata in un percorso di sostenibilità, non coinvolgere i propri fornitori può rappresentare un grosso rischio in termini di reputazione e immagine aziendale.
Su quest’ultimo punto in particolare, è necessario porre una particolare attenzione: negli anni, infatti, sono diverse le grandi aziende che si sono trovate a fronteggiare attacchi mediatici perché i propri fornitori erano accusati di avere impatti negativi sul clima e l’ambiente.
Delle campagne mediatiche di questo tipo portano spesso a ripercussioni significative sull’immagine aziendale e talvolta perfino a un calo del prezzo delle azioni.
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La supply chain sostenibile dal punto di vista delle PMI
Come scrive Larry Fink, presidente di BlackRock (la più grande società di investimento a livello globale) nell’annuale lettera rivolta ai CEO*:
“Ingegneri e scienziati stanno studiando incessantemente come decarbonizzare il cemento, l’acciaio e la plastica; le spedizioni, il trasporto su gomma e l’aviazione; l’agricoltura, l’energia e l’edilizia. Ritengo che la decarbonizzazione dell’economia globale stia per creare la più grande opportunità di investimento della nostra vita. Le imprese incapaci di adattarsi, indipendentemente dal settore in cui operano, rimarranno indietro”.
Ormai la quasi totalità delle grandi aziende sta andando verso un percorso di riduzione dell’impatto ambientale, imponendo requisiti anche ai propri fornitori. Queste grandi corporation hanno come fornitori le PMI che, se vogliono continuare a collaborare con loro, devono necessariamente adattarsi.
Agire in anticipo consente di non trovarsi impreparati nel momento in cui la rendicontazione delle emissioni diventerà un requisito fondamentale. I fornitori che si preparano già da ora con un serio piano d’azione verso la carbon neutrality otterranno quindi un vantaggio competitivo, perché saranno scelti più facilmente come partner da grosse compagnie e multinazionali.
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Come rendere la supply chain sostenibile: 3 step per iniziare
Per mettere in pratica una supply chain sostenibile, ci sono alcune azioni che le imprese possono mettere in atto: vediamo di seguito quali sono i 3 step da cui partire.
- Mappatura della supply chain a monte e a valle: attraverso la visualizzazione della catena di approvvigionamento, le aziende sono in grado di avere una visione d’insieme dei principali processi, e identificare impatti e rischi associati alle singole attività.
- Valutazione e selezione dei fornitori: è possibile usare metodi di self-assessment per la valutazione dei fornitori, chiedendo loro se hanno ottenuto certificazioni o se aderiscono a iniziative di sostenibilità. L’obiettivo finale è introdurre delle logiche di selezione, basate proprio sulle prestazioni in materia di sostenibilità.
- Prioritizzazione dei rischi: valutando l’entità dei rischi derivanti dalla catena del valore, si può determinare su quali attività o fornitori agire prima. Per fare un esempio, un’azienda con fornitori situati in un Paese con leggi limitate in materia di diritti dei lavoratori avrà più probabilità di avere ripercussioni. Se però gli stessi fornitori erogano un servizio di minima importanza per l’azienda, l’impatto potrebbe essere contenuto. La combinazione di queste due variabili permette di definire il rischio e valutare a quale fornitore dare priorità.
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Coinvolgere la supply chain nel percorso di sostenibilità è difficile (senza gli strumenti giusti): vediamo perché
È ovvio che tutto diventi più complesso nel momento in cui si oltrepassano i confini della propria azienda, dove si ha maggiore controllo.
Riuscire ad assicurare il rispetto dei principi di sostenibilità, anche da parte di aziende esterne (fornitori e clienti), richiede uno sforzo non indifferente.
Una supply chain sostenibile necessita di chiarezza e di visibilità dell’intero processo. Ecco perché diventa così importante il concetto di tracciabilità, di cui si sente spesso parlare in associazione alla gestione della filiera.
È necessario conoscere tutto quello che accade lungo l’intera catena del valore, per assicurarsi che vengano rispettati tutti i principi di sostenibilità. Inoltre, tenere monitorata la carbon footprint della propria catena del valore è essenziale per calcolare le proprie emissioni di Scope 3.
Ciò implica la necessità di avere accesso a un’enorme quantità di dati, il che, senza gli strumenti adeguati, può essere davvero complicato.