Obiettivo Net Zero: cos’è e cosa fare per raggiungerlo in tempo
Storia e origini dell’obiettivo Net Zero
2005
Nel 2005, Myles Allen e Dave Frame, mentre preparavano una presentazione sui risultati dei loro modelli climatici, idearono il concetto di "net zero" su un treno diretto a Exeter.
Fino a quel momento, il problema del clima era spesso definito in termini di numero di molecole di gas serra nell'atmosfera.
2008
Allen e Frame scoprirono qualcosa di rivoluzionario riguardo al riscaldamento globale, pubblicato poi sulla rivista Nature nel 2008: scoprirono che il tempo necessario per il pianeta di assorbire i gas serra e quello necessario per il riscaldamento globale, a causa di maggiori concentrazioni di CO₂, sono simili.
In altre parole, se le emissioni di CO₂ si azzerano, i due processi si bilanciano a vicenda e la temperatura media globale rimane costante, senza aumentare né diminuire ulteriormente.
Questo significa che per ogni tonnellata aggiuntiva di CO₂ immessa nell'atmosfera dall'attività umana, si registrerà un aumento della temperatura massima raggiungibile dal pianeta.
2015
Dopo la pubblicazione dell'articolo su Nature, il termine Net Zero è entrato nei report scientifici, come quelli del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), e negli accordi internazionali, come l'Accordo di Parigi del 2015.
L'Accordo di Parigi ha stabilito la necessità di raggiungere questo equilibrio entro la seconda metà del secolo. Da allora, il concetto di Net Zero è diventato un imperativo organizzativo: nazioni, regioni, città e aziende stanno cercando di sviluppare strategie di transizione solide e verificabili.
2023
Oggi, il 91% del PIL globale è caratterizzato da target nazionali di azzeramento netto da parte dei governi, rispetto al 68% di dicembre 2020.
Gli obiettivi di Net Zero differiscono anche per la tempistica e per il modo in cui le aziende pianificano di raggiungere il loro obiettivo. È importante trovare degli standard universali per riconoscere le strategie di decarbonizzazione di valore e proporle come best practice per un corretto percorso di riduzione e compensazione delle emissioni.
La scienza dietro Net Zero: gli scenari del riscaldamento globale
Le Nazioni Unite e l’IPCC: perché 1.5°C?
Prima della firma dell'Accordo di Parigi, la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) lavorava con l'intenzione di contenere l'aumento della temperatura globale a meno di 2°C.
Le ricerche scientifiche valutate nei rapporti dell'IPCC hanno però dimostrato che l’aumento di temperatura a 2°C comporterebbe rischi pericolosi per molte regioni del mondo, in particolare per i piccoli stati insulari e i paesi in via di sviluppo.
Per migliorare ulteriormente la comprensione scientifica degli impatti di 1,5°C e dei percorsi di mitigazione, l'UNFCCC ha chiesto all'IPCC di produrre quello che è poi diventato il Rapporto speciale del 2018 sul riscaldamento globale di 1,5°C.
Il Rapporto ha fornito la prima valutazione completa dei percorsi di mitigazione e delle transizioni del sistema energetico coerenti con il limite di riscaldamento di 1,5°C previsto dall'Accordo di Parigi.
L'articolo 4.1 dell'Accordo di Parigi stabilisce che le emissioni globali dovranno ricevere una battuta d'arresto e iniziare la discesa verso le zero emissioni nette. L’azzeramento delle emissioni deve avvenire entro il 2050, in modo da limitare i danni al pianeta e permettere all’umanità un futuro sostenibile.
1.5°C VS. 2°C: un esempio concreto
Per capire la differenza delle conseguenze climatiche che potrebbero verificarsi sul nostro pianeta nei due scenari di aumento della temperatura a 1.5°C e 2°C, possiamo riportare un esempio concreto.
Se l'aumento della temperatura globale si limitasse a 1,5°C, il 14% della popolazione mondiale sarebbe esposto a ondate di calore estremo una volta ogni cinque anni. Ma se la temperatura dovesse aumentare di 2°C, questa cifra sarebbe tre volte peggiore, riguardando il 37% della popolazione.
Questo significa che mantenere la temperatura al di sotto di 1,5°C porterebbe a una riduzione del rischio per 420 milioni di persone da frequenti ondate di calore estremo e di 65 milioni da ondate di caldo eccessivo. Inoltre, se l'aumento della temperatura globale raggiungesse 2°C, alcuni habitat non sopravviverebbero. Limitando l'aumento della temperatura a 1,5°C, il declino delle barriere coralline, pur essendo ancora elevato, sarebbe 30 volte inferiore rispetto a un aumento di 2°C.
Per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, sono necessarie profonde trasformazioni nei sistemi energetici, industriali, urbani e territoriali su scala globale, con l'obiettivo di raggiungere le zero emissioni nette di CO₂ entro il 2050 e una riduzione immediata delle emissioni di gas serra.
Le misure necessarie per raggiungere questo obiettivo
- Decarbonizzazione quasi completa del sistema energetico e dell'industria, con l'obiettivo di arrivare a un approvvigionamento energetico a zero emissioni entro la metà del secolo.
- Eliminazione delle emissioni di CO₂ eq associate all'agricoltura, alla silvicoltura e all'uso del suolo.
- Riduzione dei gas serra oltre alla CO₂ in tutti i settori, inclusi Metano (CH4), Monossido di Azoto (N20) e Idrofluorocarburi.
- Rimozione di CO₂ eq dall'atmosfera per neutralizzare le emissioni residue e, potenzialmente, sostenere emissioni nette negative che riducono la CO₂ accumulata nell'atmosfera nel tempo.
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