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Da cos'è composta la carbon footprint di un’azienda?
Spesso, ci si concentra sulle emissioni derivate dai processi industriali, non tenendo conto di tutte le attività che vengono svolte al di fuori del perimetro aziendale, come l'approvvigionamento delle materie prime, il loro trasporto, la distribuzione del prodotto finale, la fase di utilizzo e lo smaltimento.
Le emissioni prodotte all'interno dell'ambito aziendale, però, rappresentano soltanto una frazione (in media inferiore al 20%) delle emissioni complessive.
Per comprendere appieno l’impatto di un’attività rispetto al cambiamento climatico, è necessario includere tutte le emissioni generate a valle e a monte della catena del valore: in altre parole, occorre calcolare lo Scope 3.
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Scope 1, 2, 3: quali sono gli scopi di emissione
Secondo il GHG Protocol, lo standard di riferimento per il calcolo a livello internazionale, le emissioni sono suddivise in 3 scopi a seconda della loro provenienza.
- Scope 1: sono emissioni dirette di GHG (Greenhouse Gases o gas a effetto serra) che derivano da fonti detenute o controllate da un’organizzazione. Per esempio le emissioni legate all’uso di combustibili fossili all’interno di un impianto, dalla combustione prodotta dai mezzi di trasporto posseduti o affittati, e quelle risultanti dalle perdite di gas refrigerante.
- Scope 2: sono emissioni indirette derivanti dalla generazione di elettricità, calore e vapore acquistati e consumati dall’organizzazione. Queste emissioni sono considerate indirette, in quanto l’azienda è responsabile dell’utilizzo dell’energia, ma non delle emissioni generate dal fornitore per la sua produzione.
- Scope 3: sono emissioni indirette di GHG, escluse quelle provenienti da elettricità, calore e vapore. Questa categoria racchiude le fonti emissive che non sono sotto il diretto controllo aziendale, ma le cui emissioni sono indirettamente legate all’attività dell’azienda. Lo Scope 3 include le emissioni a monte e a valle della catena del valore, ovvero quelle prodotte da fornitori e clienti.
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Scope 3: quali sono le categorie emissive incluse
Le emissioni di Scope 3 sono classificate in 15 categorie: è importante notare che non tutte le aziende sono tenute a rendicontarle tutte e 15, poiché alcune potrebbero non essere rilevanti per la natura specifica delle attività o per il contesto operativo dell’azienda.
Pertanto, la prima attività effettuata in uno studio delle emissioni di Scope 3 è un'analisi di significatività, volta a identificare le fonti di emissione rilevanti per la specifica realtà aziendale.
Di seguito sono riportate nel dettaglio le 15 categorie di Scope 3.
- Beni e servizi acquistati: questa categoria quantifica sia le emissioni derivanti dalla produzione dei beni acquistati dall’azienda, sia l'impatto dei servizi acquistati da fornitori esterni. Rientrano, quindi, le emissioni legate a materie prime, beni intermedi e prodotti finiti acquistati.
- Beni capitali: vengono calcolate le emissioni generate dalla produzione di beni capitali (come immobili o macchinari) acquisiti nell’anno di rendicontazione.
- Estrazione di carburante
ed energia: include le emissioni derivanti da carburante ed energia acquistati dall’azienda e non inclusi nello Scope 1 o 2, come l’estrazione, la produzione e il trasporto di carburanti ed energia acquistati.
- Trasporto e distribuzione a monte: sono incluse le emissioni associate al trasporto di beni e servizi acquistati dall'azienda, effettuati utilizzando veicoli non di proprietà.
- Scarti di produzione e rifiuti: sono quantificate le emissioni generate dallo smaltimento, dal trattamento e dal trasporto di rifiuti effettuati da terzi.
- Viaggi di lavoro: sono calcolate le emissioni associate ai viaggi di lavoro svolti dal personale, ovvero l’impatto generato dai mezzi di trasporto utilizzati (escludendo quelli effettuati con veicoli aziendali) per recarsi da un cliente, da un fornitore o a un evento.
- Commuting del personale: sono rendicontate le emissioni derivanti dagli spostamenti del personale dalle abitazioni al luogo di lavoro.
- Acquisto di asset in leasing: comprende le emissioni legate a beni acquistati in leasing, i cui consumi non sono già stati rendicontati nello Scope 1.
- Trasporto e distribuzione a valle: sono incluse le emissioni legate al trasporto dei beni venduti dall’azienda effettuati con veicoli terzi (non di proprietà dell’azienda), come la spedizione di un prodotto venduto online via corriere.
- Lavorazione dei prodotti venduti: include le emissioni derivanti dalla lavorazione della merce venduta effettuata da terze parti.
- Utilizzo e fruizione del servizio/prodotto: contabilizza le emissioni derivanti dall’utilizzo del prodotto venduto. Ad esempio, per un’azienda che commercializza smartphone sono imputate le emissioni legate ai consumi di energia elettrici necessari per utilizzare il device.
- Fine-vita dei prodotti venduti: queste emissioni provengono dallo smaltimento e dal trattamento di fine vita dei prodotti venduti dall’azienda.
- Concessione di asset in leasing: comprende le emissioni legate a beni concessi in leasing e in cui i consumi non sono già stati precedentemente rendicontati nello Scope 1.
- Franchise: sono quantificate le emissioni derivanti dalla concessione del proprio brand in franchising, ovvero la concessione a società terze della licenza di vendita o distribuzione dei propri beni o servizi.
- Investimenti: considera le emissioni generate dalle aziende presenti nel proprio portfolio investimenti. Le emissioni generate dalle attività in cui si ha investito vengono riproporzionate in base alla quota di capitale investito e al tempo di permanenza all’interno del portfolio.
Le categorie elencate fanno riferimento allo standard internazionale del GHG Protocol, tuttavia questa suddivisione non è universale.
Le categorie di Scope 3 secondo le linee guida ISO 14064
Nelle linee guida ISO 14064 la suddivisione è leggermente differente: in questo standard le emissioni sono divise in 6 categorie.
Categoria 1. Emissioni e rimozioni dirette di GHG:
- Scope 1.
Categoria 2. Emissioni indirette di GHG da energia importata:
- Scope 2.
Categoria 3. Emissioni indirette di GHG derivanti dal trasporto:
- trasporto e distribuzione upstream;
- viaggi di lavoro;
- commuting;
- trasporto e distribuzione downstream.
Categoria 4. Emissioni indirette di GHG derivanti da prodotti utilizzati dall'organizzazione:
- beni e servizi acquistati;
- beni capitali;
- estrazione di carburante ed energia;
- scarti di produzione e rifiuti;
- asset in leasing acquistati.
Categoria 5. Emissioni indirette di GHG associate all’uso di prodotti provenienti dall’organizzazione:
- lavorazione dei prodotti venduti;
- utilizzo e fruizione del servizio/prodotto;
- fine-vita dei prodotti venduti;
- concessione di asset in leasing;
- franchise;
- investimenti.
Categoria 6. Emissioni indirette di GHG derivanti da altre fonti:
- emissioni specifiche non collocabili in nessun’altra categoria. È responsabilità dell’organizzazione definire il contenuto di questa particolare categoria.
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Quanto impatta lo Scope 3?
È abbastanza comune che due aziende che operano nello stesso settore presentino un breakdown emissivo simile, tuttavia la distribuzione delle emissioni varia notevolmente da settore a settore.
Analizziamo, per esempio, due casi che consentono di evidenziare la diversa rilevanza tra le categorie emissive di Scope 3.
Le emissioni di Scope 3 di un istituto finanziario
Le emissioni di un istituto finanziario sono spesso legate alle attività di gestione finanziaria, di conseguenza oltre il 90% delle emissioni provengono proprio dagli investimenti.
Il peso di questa categoria varia a seconda della quantità di investimenti effettuati e dei settori in cui l'istituto finanziario opera.
Le emissioni di Scope 3 di un’azienda nel settore energetico
Per le aziende che operano nel settore energetico, invece, la maggior parte delle emissioni provengono dalla combustione delle fonti fossili vendute, come i carburanti utilizzati dai veicoli con motore a combustione e dal gas impiegato per il riscaldamento di un’abitazione.
Questi due esempi dimostrano quanto possa variare il breakdown emissivo a seconda del core business di un’azienda. Di seguito è riportato un grafico riassuntivo della distribuzione delle emissioni a seconda del settore.
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Come calcolare le emissioni Scope 3
Dopo avere individuato le categorie emissive rilevanti per una determinata azienda si può passare alla parte pratica, ovvero la quantificazione delle emissioni. Le emissioni relative a ogni fonte emissiva vengono calcolate mediante la seguente formula:
Emissioni GHG = Dati primari * Fattore di emissione
I dati primari sono delle misurazioni disponibili dall’azienda: possono fare riferimento ad esempio alla massa in kg di un prodotto acquistato, o alla distanza chilometrica percorsa per il trasporto di un bene venduto al cliente finale.
I fattori di emissione sono coefficienti che permettono di determinare le emissioni di CO2 eq. a partire dai dati primari.
A seconda delle informazioni disponibili si possono quantificare le emissioni delle diverse categorie di Scope 3, applicando uno dei seguenti metodi.
- Spend base: questa metodologia considera come dati primari gli input monetari ottenibili grazie alle registrazioni contabili rilevate durante l’anno di esercizio.
Questo approccio risulta essere il più semplice per effettuare il calcolo di una categoria di Scope 3, tuttavia i fattori di emissioni utilizzati sono generici e di conseguenza riducono notevolmente l’accuratezza del calcolo.
- Average data: rendiconta le emissioni avvalendosi di fattori di emissione provenienti da studi di letteratura. Il dato primario, in questo caso, può fare riferimento alla quantità di materiale acquistato (un peso in chilogrammi o il valore unitario di beni acquistati).
Questo approccio offre una maggiore accuratezza rispetto allo spend base method, ma l'acquisizione dei dati primari può essere meno accessibile e richiede una raccolta puntuale.
- Supplier specific data: il calcolo viene effettuato utilizzando come fattore di emissione uno studio fornito direttamente dal fornitore, relativo allo specifico prodotto acquistato, per esempio una carbon footprint di prodotto o un LCA (Life Cycle Assessment o ciclo vita del prodotto).
Questo approccio consente di ottenere il massimo grado di accuratezza, ma solo una piccola percentuale di prodotti disponibili sul mercato è in grado di fornire questa tipologia di informazione.
- Hybrid method: il calcolo viene effettuato con una modalità ibrida, andando a effettuare una combinazione tra “average data” e “supplier specific data”.
L’accuratezza di questa metodologia varia a seconda dell'approccio prevalentemente utilizzato: se il calcolo viene effettuato utilizzando prevalentemente la modalità “supplier specific data” presenterà un'accuratezza elevata; viceversa, l’accuratezza diminuisce nel caso in cui venga utilizzata in prevalenza la modalità “average data”.
Fonti